Sudore

La casa di legno a Takoma Springs è ben mimetizzata tra altre identiche, in una strada perpendicolare alla Main Street. Il nome di Farahani è accompagnato a destra da Caldwell e a sinistra da Roche. André Roche viene dalla zona del Cajun di Greenfield. Quando Lucian ha preso quella casa, gli ha portato una torta di mele fatta da sua moglie, ha detto in quel suo accento appena comprensibile che se avesse potuto gli avrebbe dato due voti. Jonathan Caldwell è originario di New Melbourne, dopo una vita passata a pescare si è dovuto reinventare bracciante nei campi del Black Oak. Ogni volta che passava davanti alla porta aperta della casa del console corer gettava un'occhiata all'interno, sempre incuriosito e sempre pieno di scetticismo. La prima volta che gli ha rivolto la parola è stata quando Lucian gli ha offerto un bicchiere di whiskey, in un'insonne notte di luna piena che il Greenler aveva passato in stalla.
Ha appena due stanze, quella da letto, relegata sul retro, dà direttamente su una distesa di campi e prati conquistati da cavallette e lucciole. I figli dei Roche e dei Caldwell ci vanno sempre a giocare. Le loro risate sono appena un sottofondo nei sogni che abitano il sonno di Lucian, quel sonno che anche quando lo coglie è più promemoria di un vuoto che ristoro. 

Douglas Belfort non ha l'aspetto che lui ricorda. Ha almeno trent'anni in meno e nel suo volto già scavato si possono leggere tracce dei lineamenti del figlio, o viceversa. Ci vuole tempo affinché Lucian capisca dove si trova. Il magazzino affossato nella Baraccata Sud è sprofondato del tutto nel buio. I passi di Douglas echeggiano nell'enorme spazio vuoto, le suole di legno sintetico pressato scandiscono il tempo contro il cemento grezzo. Un gesto della mano fa scendere dal soffitto un unico sottile cono di luce che trapassa venti metri d'oscurità illuminando una frazione di quello spazio. Lucian è legato ad una sedia di metallo, il Tesoriere è in piedi davanti a lui, vestito con gli stessi indumenti che gli ha visto addosso nel loro primo incontro su Safeport. Si ricorda di questa scena, ma nella sua memoria avveniva al contrario. Eppure in quel momento nulla di tutto ciò gli sembra assurdo. Solo terrorizzante.

"Ho aspettato sei anni, Lucian. Sei anni, per questo momento. Il momento in cui avrei... assaporato la disfatta che non avrei potuto causarti con le mie mani. Sai che cosa significa. Anche tu sei un ragazzo... un uomo paziente. Ma perdonami, non credo che la tua soddisfazione fosse vagamente paragonabile alla mia in questo momento."

"Attento a cantare vittoria troppo presto vecchio. Ti ho sentito strisciare mentre mi buttavano fuori dalla Confederazione eppure ho ricominciato da zero."

La risata del Safeporter risuona voluminosa ed agghiacciante. Getta le mani intorno ai polsi di Lucian, gli parla a pochi centimetri dal volto. 
"Ma dopo di questo non ti vedrò rialzarti. Ti terrò la testa nel fango, dovessi tornare ogni notte. E ti renderai conto di non avere neanche più lui. E quando accetterai di potergli vedere solo le spalle, quando accetterai di essere finalmente solo. Diverrai. ME."

E' un grido di dolore lancinante quello che disturba la notte di Takoma Springs. Lucian si sveglia, l'odore del sudore freddo che impregna il letto gli scuote la mente ancora confusa. E' Caldwell a tenergli ferme le spalle, a cercare di tranquillizzarlo, mentre lui trema ancora. 
"Tranquillo Console, era solo... solo un brutto sogno."

Bile

2516, Richleaf, Maracay
Lucian Farahani è abituato ad aspettare. È un uomo paziente. Le ore della notte che passano costantemente uguali a se stesse e prive di eventi non pesano sul suo sonno perennemente assente. Questa notte tutte le regole sono ribaltate, questa notte non ha punti di riferimento. Le reazioni del suo corpo assomigliano di più alle conseguenze di una dose di Blast mal tagliata. Curioso che gli venga in mente questo paragone mentre si accingono ad entrare nel territorio di un boss del cartello della droga di Maracay. Il cuore si stringe, sbatte contro i polmoni strozzandogli il respiro in gola. Cammina avanti ed indietro per la stanza della posada a San Cristobal, scavando il sottile pavimento di legno sbiadito. La scorta di Maracaros che ha comprato appena atterrato sul pianeta è già stata consumata, le prove di quel genocidio giacciono confusamente intorno ad un portacenere che ha da tempo superato la sua capienza massima. Quando sente aprirsi la porta della stanza alle sue spalle, il suono lo prende di sorpresa come uno sparo, un colpo di pistola che sovrasta quelli dei mauler che combattono un'altra guerra di banda a qualche chilometro di distanza. Fissa Andres ad occhi spalancati e con la bocca aperta. Non può non notare lo sguardo ardente di furia ed i capelli tagliati grossolanamente da una mano tremante di una passione morbosa. Il Saint gli getta addosso qualche frase sincopata prima che Lucian abbia il tempo di reagire. "Non ha voluto dirmi nulla, non so cosa voglia in cambio, ho bisogno di riflettere". Prima di potere allungare le dita per trattenerlo, Andres gli ha già voltato le spalle, il cappuccio teso sul capo per nascondere la vergogna incisa sulla nuca. Lucian rimane a boccheggiare, solo in una stanza di Maracay, più solo di quanto sia mai stato in passato, circondato da una città nemica, assediato e privo di appigli. Non riesce ad eliminare il sapore amaro del fegato che metabolizza le sue percezioni e che gli brucia la bocca mentre si contorce per gli spasmi di una sofferenza già fisica, che gli strappa il sonno in un momento in cui avrebbe così bisogno di quell'oblio ristoratore. Lucian non è un uomo violento o impulsivo, ma il giorno dopo abbandonerà una stanza dilaniata dagli artigli di un leone in gabbia.

Terra e sangue

2516, Roanoke, Takoma Springs
Tutto ha l'apparenza di un sogno appena passato, offuscato dall'oblio che caratterizza il risveglio. Le forme della gente riunite intorno a lui sono una sagoma imprecisa ed irriconoscibile in cui spicca soltanto un luccichio dal sapore amaro e salino del metallo. Non ricorda neanche più i volti di quella gente. In questo momento, steso sul letto della sua stanza in cui si è infilato come un clandestino, tutto ciò che conta è il pulsare del sangue che sente vividamente premere contro la ferita aperta sulla spalla sinistra. Non è profonda, abbastanza da tingere rapidamente di rosso le lenzuola del suo letto, così come ha tinto la terra secca ed arenosa della Main Street. Lucian rimane a fissare lo squarcio nella carne per qualche minuto, con morbosa attenzione, quasi pensasse di interrompere il flusso aspettando con pazienza o, meglio ancora, come se non volesse perdere di vista la prova tangibile del fatto che è ancora vivo. La consapevolezza concreta che qualcuno sia deciso a fare in modo che non sia così ancora a lungo è ciò che lo inchioda al materasso per l'ora successiva, mentre l'adrenalina gli fa esplodere il cuore contro lo sterno ed il respiro affannoso scema, per dargli infine il permesso di chiamare il medico che ricucirà i due lembi di pelle. Mentre fissa le crepe del soffitto della stanza dello Steakhouse delle parole gli rimbombano in prossimità della nuca, gli colpiscono il cranio insieme ai colpi di pistola che echeggiano periodici e senza sosta come il rintocco di un macabro campanile.
"Sei un coglione Farahani. Vedi di non illudere questa povera gente."

Alluminio

2516, Richleaf, Maracay
Le urla del bambino spezzano il velo di immobilità che copre la casa di Las Rosas, avvolta in una patina di aria umida resa sempre meno sopportabile mano a mano che la primavera di Richleaf alza le temperature e le larve delle zanzare delle paludi circostanti si schiudono in sciami di insetti desiderosi di sangue. La voce profonda e baritonale di Shombay scuote le pareti sottili della costruzione affollata. "Shanette! SHANETTE!" Le imprecazioni in uno spagnolo che Lucian fa fatica ad intendere attraversano i corridoi, sempre più udibili e nitide mano a mano che il robusto petto del capofamiglia si fa strada fino alla fonte di quelle grida che interrompono brutalmente l'ora del riposo pomeridiano. "Shanette! Che San Miguel se la porti via, dove cazzo è finita?" Le mani larghe e pesanti del trombettista si avvolgono intorno al grumo di carne di sette mesi che Sergio si è lasciato alle spalle prima di farsi rinchiudere in galera. Il piccolo corpo sobbalza sulla sua spalla ad ogni colpo del palmo oramai esperto, tanto deciso nel dettare le regole della casa quanto delicato con quel corpo fragile. Quando compare sulla soglia della piccola cucina l'espressione si irrigidisce quasi automaticamente nel momento in cui registra la presenza di Lucian, seduto al tavolo, intento a leggere il quotidiano che riporta con una settimana di ritardo le notizie dal resto del 'Verse. Il diplomatico di Agatha è diventata una presenza incostante nelle settimane passate. Passa le giornate in giro con l'unica donna di casa e compare sporadicamente seduto al tavolo della cucina o appoggiato al muro esterno della casa, intento a fumare ed a parlare con la gente del quartiere o con il giovane Gabriel, artista eccentrico della famiglia. Torna sempre la sera, non tanto per dividere la stanza con Shannon e sfruttare qualche ora di sonno, quanto per evitare l'esito scontato che avrebbero le sue passeggiate notturne in giro per la periferia della capitale. Si è mescolato abbastanza bene con la gente del quartiere da risultare una presenza invisibile e poco ingombrante, per tutti tranne che per il robusto negro che lo fissa ora nel silenzio imposto dal sonno difficilmente conquistato dell'infante. Lo sguardo di Shombay non è apertamente ostile, ma abbastanza diffidente da far sospettare che possa leggere al di là della maschera di naturalezza di Lucian. Gli sbatte davanti agli occhi una tazza piena di caffè fumante, il suono del metallo contro il legno del tavolo costringe il diplomatico a stringere gli occhi per un secondo per ammortizzare l'impatto contro i timpani. "Gracias". "You ain't gonna be trouble for my girl, are ya?" Il sapore del caffè si mescola con quello pungente dell'alluminio che si discioglie ogni secondo nella bevanda calda. "No Sir." "Good." La conversazione si evolve col passare dei giorni, ma non durerà mai più di un paio di battute. Il resto lo fanno le occhiate. Si tengono d'occhio come i cani e Lucian sta attento a non alzare la coda né a raschiare il terreno col muso. Tenere lontano il conflitto durante il suo soggiorno è quasi parte di un esercizio di diplomazia. Poi arriva una sera in cui ogni cura ed attenzione passa in secondo piano rispetto all'efficacia di una sbronza comune a base di rhum.

Fango

2513, Tauron, Magdalene Town
"Che cosa?"
"Dice... dice di volere delle sovvenzioni governative. O bloccherà l'afflusso di beni verso Central."
"E a chi cazzo pensa di vendere i loro fottuti manzi?"
"Richleaf?"
"Oh, fantastico, adesso Maracay avrà carne fresca. Chiamate Hernandez, ditegli di chiudere i canili."
"Come, scusi?"
"Lasci stare."

Il messo di New London osserva con sguardo teso il diplomatico, che intanto tortura le dita della mano destra facendole tamburellare contro il legno della scrivania, si morde le labbra al solo pensiero della merda in cui si troverà presto a nuotare.

"Di quanto stiamo parlando?"
"Più di quanto l'Unione sia disposta a concedere."
"Quindi volete che lo convinca a scendere a patti?"
"No, Mr. Farahani. Vogliamo destituirlo."

Gli occhi di Lucian si dilatano in un'espressione piena di stupore, domande ed improvvisamente impazienza.

"Beh, scommetto che non vi manchino i modi per farlo."
"Crediamo che un intervento diretto del Governo Centrale creerebbe ulteriori scontenti nella popolazione."
"Volete organizzare un colpo di stato?"
"..."
"Ci vorrà tempo"
"Il meno possibile"
"Allora dovrete dirmi perché volete davvero toglierlo dai giochi."

Il silenzio dell'emissario dura qualche secondo di troppo, lo sguardo dell'Agarajil si scioglie in un'incitazione priva di misericordia.
"Mr. Oswald..."
"Intende anche sequestrare i campi intestati a IdN di Central sul territorio di Tauron. E questo includerebbe..."
"... includerebbe gli sterminati campi di Iaspiria della Hexa Pharmaceutics."

Quello che fa la Hexa nel Rim non è esattamente illegale, né particolarmente cristallino. Dalla Iaspiria, una pianta che cresce particolarmente bene nel clima di Tauron, estrae e raffina una sostanza che è il principio attivo di una medicina, il Jasperominophen, utilizzata per curare le emicranie. Il Jasperominephon (Jasper) viene venduto nel Core e nel Border con 10mg di principio attivo. Le leggi più blande del Rim permettono di raggiungere quota 500mg. Per puro caso, il principio attivo del Jasper è una molecola incredibilmente simile alla benzoilmetilecgonina, nota comunemente come Blast. Il prezzo irrisorio a cui il medicinale viene venduto nel Rim ed in particolare su Richleaf e la facilità con cui si lascia modificare, rendono il Jasper la scelta primaria di tutti i cuochi di Maracay che intendono cominciare a ritagliarsi un pezzo di mercato. Lo sporco rimane nel Rim ed i soldi arrivano nel Core. E così le casse di Sarah si riempiono di una frazione del mercato della droga del Rim. Il giorno in cui qualche giornalista ci ficcherà il naso e riuscirà a ritornare a casa (vivo) con un reportage, ci saranno una serie di teste che cadranno a catena come in un sanguinoso domino.

2513, Cortex News
Le tensioni che hanno mosso la popolazione di Tauron nei mesi scorsi sono giunte al loro culmine quando, nella serata di ieri, il palazzo del Governatore Zechariah Wedge è stato assediato da un'infuocata folla di non meno di duemila cittadini rivoltosi. Seppure Wedge sia fortunatamente riuscito a sfuggire al linciaggio pubblico, la popolazione si è riversata nella strade della capitale Magdlaene Town, creando gravi danni alle infrastrutture ed abbattendo portabandiera ed effigi dell'Alleanza presso i palazzi pubblici della città. Il malcontento della popolazione nasce dalle accuse, volte verso il Governatore, di favorire gli interessi dei pianeti di Central rispetto al benessere di Tauron. Il presidente Sarah Shepard ha sottolineato la sua preoccupazione per la situazione priva di controllo ed indiscrezioni suggeriscono che il Governo sembri sempre meno propenso ad affidarsi ancora a vie diplomatiche. Nessuno poteva prevedere un così rapido degradarsi della situazione quando, due mesi fa, prove circostanziali accusarono il Governatore Wedge di corruzione da parte di alcuni esponenti dello Xant-ren Conservative Party. I dissensi sono aumentati ulteriormente quando si è diffusa la voce, mai davvero confermata, che Wedge abbia appoggiato l'Alleanza nella cattura dell'ormai famosa coppia formata da Jonah Berkman ed Abigail Adams, terroristi per l'Unione, eroi nazionali secondo i cittadini Tauron. Queste tensioni rendono solo più complesso e delicato l'esito del processo che si terrà tra due settimane.
2514, New London, New London
Con questo documento la Commissione Eccezionale per i Rapporti di Distensione Interplanetaria conferisce a Roshan Reza Farahani il premio di Consigliere Eccezionale per l'anno 2513, per la devozione con cui ha affrontato la crisi diplomatica sul pianeta Tauron e per aver con successo mediato una soluzione pacifica alla situazione di conflitto.

Mogano

2513, Tauron, Magdalene Town
"Lucian, è tardi, vieni a dormire"
"Non posso"
"Non puoi o non vuoi?"

La domanda di Hua Li, la puttana che gli scalda periodicamente il letto perennemente vuoto, gli risuona in testa con retorica banalità. Lucian alza gli occhi dai tech reader e dai fogli disseminati sulla sua scrivania, dedicandole uno sguardo frutto di un'insofferenza tutt'altro che nascosta. Lei non dice niente, accoglie quella silenziosa critica con la sua solita pazienza raffinata. Attraversa lo studio, vestita soltanto della larga camicia nera dell'Agarajil, scivolandogli alle spalle per artigliare i muscoli tesi che gli si intrecciano intorno al collo. Il piacere fisico che il massaggio gli scioglie nelle vertebre è l'unica ragione che gli giustifica la presenza della donna in quello spazio altrimenti invalicabile.

"Perché non ce ne andiamo a New Melbourne, solo io e te? Ci lasciamo alle spalle tutto e tutti. Non sei stanco?"

La tentazione della donna ha l'effetto di una stoccata pungente alla base del cranio di Lucian. Gli occhi gli si aprono come allucinati da un incubo, le labbra si serrano in una smorfia di tensione. Non si accorge neanche del gesto rapido con cui le stringe il polso, voltandosi di scatto e scaraventandola quasi a terra, contro uno dei mobili che decorano il suo studio. La osserva con uno sguardo terrorizzato, da lei, da se stesso, immobile. Il vuoto di parole, statico, sembra durare ore. Quando Hua Li si rialza, lentamente, cercando di salvare la propria dignità, le sue parole nascondono una rabbia che supera la paura di quel momento.

"Quando dormi Lucian, quelle poche ore in cui apro gli occhi di notte e ti trovo nel letto, ti sento parlare. E mi hai raccontato più cose da addormentato che da sveglio. Non ci credi neanche tu a quello che stai facendo, è una battaglia persa."

La frustrazione della donna si manifesta nell'esplosione dei palmi delle mani che si schiantano contro il legno laccato della scrivania.

"Sei uguale a tutti gli altri, anzi peggio, perché ti senti una spanna sopra di loro! Ed eccoti qui, a goderti i soldi che mamma Agatha ti manda da parsec di distanza per farti la tua bella vacanza su Tauron!"

Il rumore dello schiaffo che si schianta contro la guancia della ragazza echeggia nella testa di Lucian per qualche secondo. Il respiro di Hua Li le solleva i capelli scomposti che ora le coprono metà volto.

"Puoi mentire a tutti, anche a te stesso, ma a me non più. Lo sento quanto odi questa vita, lo sento ogni volta che scopiamo, mi riversi quell'odio addosso e dentro. Continui a mettere pezze a qualcosa che è già rotto. Te stesso, il 'Verse. Non puoi semplicemente lasciare tutto andare?"

"Così ragionano i perdenti, Hua Li, e non fare finta di sapere quello che penso, è un gioco a cui non puoi vincere. E non ho intenzione di finire a succhiare il cazzo a qualche politico del Rim, pensando a quanto sarebbe bello avere una vita che mi appartiene. Continuerò a mettere pezze, come dici tu. Di certo non devo spiegare il perché ad una puttana."
"Chi è Lhea? Lo fai per lei?"
"Esci. Di. Qui"
"Continui a nominarla nel son..."
"ESCI DI QUI. ORA."

Il tremore della voce rauca di Lucian gli fa vibrare gli occhi e scoppiare il sangue in volto, le dita stringono il piano di mogano abbastanza forte da poterlo graffiare. Per un lungo istante Hua Li lo fissa con stupore, prima di riconoscere per la prima volta in quello sguardo un sincero desiderio di morte. Raccoglie i suoi vestiti uscendo dalla villa prima ancora di essersi del tutto rivestita, portandosi dietro la camicia di Lucian ed una paura che non riesce a lavarsi di dosso, che le riga il volto di lacrime di tensione.

Lisoformio

2516, Safeport, Sunset Tower
Roger "Scumbag" Richards era un contrabbandiere di Santo che sfruttava la nebulosa per i suoi traffici da molto prima della guerra. Durante uno dei suoi viaggi Ole Roger finisce su Clackline, dove si innamora di una schiava bellissima che potrebbe essere sua figlia. Nessuno sa bene se la ragazza si chiamasse Miriam o Maria, ma lui se la compra e se la prende a bordo. Ma pare che Maria fosse figlia di una puttana di Safeport che Scumbag aveva violentato, poi finita in mano agli schiavisti, morta di sifilide ma abbastanza incazzata da riuscire a ficcare l'odio in testa alla figlia prima di tirare le cuoia. Lei si fa sbattere dal padre per un paio di mesi, ma intanto si scopa anche tutti gli uomini dell'equipaggio alle sue spalle, e questo già mina l'autorità di Ole Roger agli occhi della sua gente, che lo vede meno uomo e più vecchio, meno capo e più carcassa per i vermi... Gli uomini avidi sono svelti a decretare la morte di chi possiede quello che vorrebbero."

Il panorama velenoso ed arrugginito di Sunset Tower assedia lo sguardo di Lucian in tutti i suoi picchi di metallo, i suoi cavi allentati, i suoi vuoti allucinanti, il suo fumo freddo. La storia raccontata con poco convincente innocenza da Lee gli si scuote nella testa mischiata all'eco di volti fin troppo concreti. 

2508, Richleaf, Maracay
Kailai è stesa su un letto di ospedale, uno dei migliori della capitale e quindi del sistema Polaris. Niente di meno per la donna che ha cresciuto il burattinaio di Sunset Tower, l'illusionista del conio di Safeport. Nondimeno, l'odore pungente dei disinfettanti infesta anche queste corsie. E' attaccata ad almeno una decina di tubi diversi che le iniettano fluidi per darle nutrimento, ne purificano il sangue per sostituire il compito di un fegato collassato, le gonfiano i polmoni, le seccano la vescica. Lucian rimane in piedi di fianco al letto guardandola inevitabilmente dall'alto al basso con sofferto disagio. Vederla fragile, vulnerabile, spezzata è una delusione da cui sperava di essere risparmiato. La sua maestra si sveglia dal sonno chimicamente indotto, forse inconsciamente percependo la presenza del ragazzo. La mano ossuta si avvicina faticosamente alla mascherina che le tappa la bocca, ma è Lucian a doverle liberare il volto da quel respiro artificiale quando i suoi muscoli non le obbediscono. 
"Non... non dovresti stare qui."
"Lo so. Ma poche persone nel 'Verse meritano davvero di morire da sole e tu non sei fra queste." La durezza del volto combatte con fatica con le vibrazioni delle sue parole. La donna cerca di allungare una mano verso di lui, tremando sotto il peso di una vecchiaia che l'ha investita di colpo con la spietatezza degli anni che non ha pagato fino ad allora. "Non sforzarti, riposa." La rimprovera.
"Avrò tutto il tempo che voglio per riposare. Ora siediti e raccontami."
Lucian la guarda con un certo stupore e scetticismo. Non riesce a riconoscere, tra le rughe tiepide del volto della donna, l'avvocato impeccabile e quasi spietato che gli ha aperto la strada in quei due anni. Con una certa esitazione, scivola sulle coperte bianche, sedendosi di fianco alle gambe della donna.
"Che cosa vuoi sentire?"
"Dimmi perché hai accettato di venire a Sunset e risparmiati le risposte stupide". Lo guarda per un attimo con lo sguardo penetrante a cui è più abituato, che non ammette menzogne. 
"Non credo sia il momento giusto per parlarne" La mascella gli si chiude in un'espressione dura sotto cui soffoca le parole che non vuole ammettere a lei né tantomeno a se stesso. La mano sinistra trema leggermente sotto le dita scheletriche della donna. Lei gli sorride, inaspettatamente, inspiegabilmente.
"Credo invece che non ci sia un momento migliore di questo. Ti semplificherò la cosa. Voglio sapere il perché. Voglio sapere..." la voce le si spezza in un colpo di tosse secca, ci mette qualche secondo a riprendere il fiato "voglio sapere perché ci tieni tanto a farlo inabissare."
Lucian la guarda con occhi tremanti, cercando di nascondere le vibrazioni che gli si scatenano in gola. Il fascino di quella donna che riesce a stupirlo ed ad essere un passo avanti a lui anche sul letto di morte, è una sensazione ingombrante difficile da lavarsi di dosso. Ci mette molto tempo a risponderle, il cinese gli si sporca in bocca di umori densi.
"Lungo il percorso fatto di ambizione e desiderio, Belfort ha fatto molte vittime. Ma con nessuno è stato spietato come con mia madre."
Kailai lo osserva per qualche secondo attraverso i suoi occhi opachi, per poi sospirare un consiglio addolorato, consapevole dell'inevitabilità degli eventi che saranno scatenati dalla scelta di Lucian.
"Vedi, nessuno può governare un pianeta da solo, neanche Douglas. Soprattutto se questo pianeta è Safeport. Devi tenere in mano le persone. Ma le persone sono divise, spaccate. L'unità è soltanto un'illusione, Lucian. Per comandare le persone, devi avere in mano chi le guida." ansima leggermente, prende aria, guardandolo ora quasi con fibrillazione "Murphy, O' Connell, Martha e Zhao-Feng guidano le comunità di Sunset. Conquista loro e conquisterai la città." Stringe le palpebre con forza mentre i colpi di tosse le sconquassano i polmoni, macchiandole di sangue i denti. Lucian si allunga verso di lei, pulendole le labbra con un fazzoletto di cotone che diventa subito rosso. Le copre la bocca di nuovo con la mascherina collegata alla bombola d'ossigeno, le asciuga il sudore che le imperla i capelli mentre le parla.
"Ora smettila di vaneggiare. Te l'ho detto, tornerò ad Agatha e continuerò il lavoro che ho lasciato in sospeso. Con tutto quello che mi hai insegnato... I can do something good."
L'anziana scuote la testa guardandolo con affetto ed accondiscendenza. Sa prima di lui che non potrà lasciare il pianeta prima di aver consumato quella lenta vendetta. In quell'istante quello sguardo è, per Lucian, come una condanna.