Terra e sangue

2516, Roanoke, Takoma Springs
Tutto ha l'apparenza di un sogno appena passato, offuscato dall'oblio che caratterizza il risveglio. Le forme della gente riunite intorno a lui sono una sagoma imprecisa ed irriconoscibile in cui spicca soltanto un luccichio dal sapore amaro e salino del metallo. Non ricorda neanche più i volti di quella gente. In questo momento, steso sul letto della sua stanza in cui si è infilato come un clandestino, tutto ciò che conta è il pulsare del sangue che sente vividamente premere contro la ferita aperta sulla spalla sinistra. Non è profonda, abbastanza da tingere rapidamente di rosso le lenzuola del suo letto, così come ha tinto la terra secca ed arenosa della Main Street. Lucian rimane a fissare lo squarcio nella carne per qualche minuto, con morbosa attenzione, quasi pensasse di interrompere il flusso aspettando con pazienza o, meglio ancora, come se non volesse perdere di vista la prova tangibile del fatto che è ancora vivo. La consapevolezza concreta che qualcuno sia deciso a fare in modo che non sia così ancora a lungo è ciò che lo inchioda al materasso per l'ora successiva, mentre l'adrenalina gli fa esplodere il cuore contro lo sterno ed il respiro affannoso scema, per dargli infine il permesso di chiamare il medico che ricucirà i due lembi di pelle. Mentre fissa le crepe del soffitto della stanza dello Steakhouse delle parole gli rimbombano in prossimità della nuca, gli colpiscono il cranio insieme ai colpi di pistola che echeggiano periodici e senza sosta come il rintocco di un macabro campanile.
"Sei un coglione Farahani. Vedi di non illudere questa povera gente."